"Guardati morire" di Brigitte Friang: una testimonianza sull'assurdità della guerra

Partiamo per la Francia!

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    Erinni

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    Brigitte Friang non è un'autrice che ha vinto il Premio Nobel, ma io ho voluto ugualmente che fosse una tappa di questo mio – e vostro - viaggio per il mondo attraverso i libri. Se dovessi scegliere un solo titolo fra quelli del cosiddetto filone della letteratura di guerra, so per certo che la mia scelta cadrebbe su Regarde-toi qui meurs – Guardati morire (nel senso di “Guarda te stesso mentre muori”)

    Giornalista e scrittrice, è nata il 23 gennaio del 1924 a Parigi ed è morta il 6 aprile del 2011 a Aptl. Ha scritto diversi libri e ha ricevuto numerose onorificenze.
    Se conoscete il francese, potrete ascoltare interviste all'autrice andando su youtube. Inoltre, in rete, reperirete molte informazioni su di lei e sulle sue opere.


    [URL=http://fr.wikipedia.org/wiki/Brigitte_Friang[/URL]

    Oltre a "Guardati morire" non so quali altre opere dell'autrice siano state tradotte in italiano. Cercando velocemente un po' sul web, non ho trovato indicazioni a tal proposito.


    La seguente recensione la scrissi all'indomani della lettura, piena d'entusiasmo e con le impressioni ancora vivide delle immagini che si erano create nella mente. Da tempo ormai l'ho pubblicata su anobii – a proposito, se a qualcuno interessa ficcanasare nella mia libreria virtuale [che non aggiorno da secoli!], lì il mio nick è Calliope - e ora ho deciso di riproporla qui, ritoccata qua e là, per il vostro piacere.


    "Tremiamo immobili e silenziosi, ciascuno di noi assillato dai propri pensieri. Dalla guerra forse. Proprio quando essa trattiene il suo respiro si trova il tempo di cercarne il senso. O l'assurdità."


    Questa è una biografia, divisa in due parti, che ripercorre la vita della protagonista e costituisce una lucida testimonianza sul valore della vita, della morte e della libertà. Ogni parte si potrebbe leggere anche come un romanzo a se stante.

    PRIMA PARTE. Dal 1943 al 1945. Quando decide di entrare nelle fila del B.C.R.A - un'organizzazione clandestina di resistenza armata – Brigitte Friang ha appena 19 anni. Conosce i rischi che corre; sa che, se venisse catturata, il meno che le capiterebbe sarebbe la tortura; ma non si tira indietro. In ogni azione temeraria che compie; ad ogni incontro pericoloso, in qualche modo riesce sempre a cavarsela. Fino al giorno in cui la fortuna non le sorride più. Arrestata e interrogata brutalmente, viene trasferita dalla prigione al campo di concentramento di Ravensbrück. Qui, per un anno, sperimenterà le peggiori privazioni e ogni sorta di umiliazione infliggibile ad un essere umano. Tuttavia, niente le farà perdere il senso della dignità personale e della fratellanza verso le altre deportate; e, soprattutto, nessuna forma di sopraffazione annienterà, in lei, il pensiero fisso della fuga da attuare alla prima occasione favorevole. L'occasione finalmente arriva, per lei e per altre donne e, con essa, si spalancano le porte della libertà riconquistata.
    SECONDA PARTE. Dal 1952 al 1968 circa. Con un salto temporale la narrazione riprende quando la protagonista è ormai diventata una corrispondente di guerra nel Sud Est asiatico per la televisione francese. La giornalista percorre in lungo e in largo in regioni al centro di conflitti (dal Vietnam al Laos, alla Cambogia e oltre.) Pur di documentare gli scontri - le pagine del libro si focalizzano però principalmente sulla guerra nel Vietnam - non esita a mettere a repentaglio la propria vita: si lancia col paracadute; attraversa porzioni di giungla; finisce in mezzo a scontri a fuoco.
    La guerra le striscia accanto, di nuovo. La sua ombra la segue ovunque vada. Questa volta si ferma dall'esterno, nel senso che non minaccia lei direttamente, ma si abbatte su altri corpi, ripetendo all'infinito lo strazio di una morte dietro l'altra. “E alla presenza della morte - dirà la Friang - non ci si abitua mai. […] Il fatto di aver visto migliaia e migliaia di cadaveri non mi ha guarito da questa tristezza".


    Considerazioni finali e consigli spassionati

    Per concludere, ho trovato questo libro magnifico. L'autrice usa un taglio molto "giornalistico" senza edulcorazioni e senza sconti.
    Riconosco che la mole del volume potrebbe essere un deterrente alla lettura (456 pagine totali in un formato da manuale scolastico), tuttavia le vicende narrate si avvicendano con un ritmo narrativo tale da far scorrere le pagine quasi senza accorgersene.
    Un ultimo avvertimento: questo è un libro difficile da mandar giù e, ancor più, da digerire. L'eco di ogni atrocità subita, sopportata, condivisa e poi documentata, trapassa le pagine per gridarvi nelle orecchie, quasi volesse penetrarvi nella coscienza, affinché non dimentichiate mai il rumore assordante della crudeltà umana mentre tocca il fondo della propria vergogna.
    Leggendolo, bisogna essere preparati a ricevere un pugno nello stomaco dietro l'altro. La durezza delle vicende narrate (come soltanto sa esserlo la rappresentazione della realtà nuda e cruda), è però compensata dalla prosa mordente e scorrevole.
    Se cercate un libro che vi distragga o che vi consoli, per questa volta restate a terra e non partite per il viaggio che vi propongo.

    Edited by j.darkblue - 30/3/2017, 15:45
     
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